Jazz & Cinema “Ascenseur pour l'échafaud”
Quest’anno, l’Istituto audiovisivo di Monaco ha scelto lo straordinario “Ascenseur pour l'échafaud” per una proiezione nell’ambito del 18° Monte-Carlo Jazz Festival.
Storia
Julien Tavernier e la sua amante Florence Carala decidono di uccidere lo scomodo marito di lei Simon, potente uomo d’affari del quale Julien è il braccio destro. Julien fa passare abilmente il suo crimine per suicidio, ma nel momento in cui entra nella sua auto si rende conto di aver dimenticato la corda che gli ha permesso di passare da un piano all’altro dalla facciata. Si precipita nell’immobile e si ritrova bloccato nell’ascensore dal guardiano che, credendo che gli uffici fossero vuoti, ha interrotto la corrente.
Critica
“Ascenseur pour l'échafaud” ha ricevuto il premio Louis Delluc nel 1957 per le sue qualità artistiche. Louis Malle crea un’atmosfera contemporanea grazie al realismo della scenografia, all’illuminazione al neon, alle slot machine e il tutto con un itinerario “geografico”. I dialoghi di Roger Nimier, la musica di Miles Davis, aggiungono un elemento di modernità. E la direzione degli attori è eccellente. Con questo esercizio di stile, Louis Malle trasforma un genere che, all’epoca, flirtava con la serie noir convenzionale.
Jacques Siclier, Télérama n° 2225, 2 settembre 1992, p. 123
Louis Malle (1932-1995)
Nato nel nord della Francia, Louis Malle cresce all’interno dell’alta borghesia; sua madre è l’ereditiera di uno dei più grandi patrimoni francesi, lo zuccherificio Béghin. La sua famiglia si stabilisce a Parigi nel 1939. La madre si mostra poco sensibile alla sua passione adolescenziale per il cinema e lo manda al Politecnico. Frequenta Science-po, ma alla fine entra all’IDHEC. Non finisce il secondo anno perché, per una serie di circostanze, si imbarca sul Calypso, la nave del comandante Cousteau che gli chiede di realizzare un documentario insieme a lui, Le Monde du silence, premiato con la Palma d’oro a Cannes nel 1956. Dopo essere stato assistente di un cineasta che ammira, Robert Bresson, in “Un condamné à mort s’est échappé” (1956), ha venticinque anni quando firma “Ascenseur pour l’échafaud”, Premio Louis-Delluc 1957, che lo fa associare da alcuni alla Nouvelle Vague in piena fioritura. Non è facile individuare la coerenza stilistica del suo cinema, lui stesso ha infatti sempre ripetuto di voler realizzare ciascuno dei suoi film recidendo qualsiasi legame con il precedente. In un’opera dedicata al regista, Pierre Billard ha tuttavia cercato di individuare un filo nascosto (un’odissea della cattiva coscienza) e alcune ricorrenze: lotta incessante contro le sue origini insieme a un tratto autobiografico; perdita dei paradisi perduti (“Le Souffle au cœur”, 1971); amore per il jazz; ricordi degli studi presso i gesuiti e rifiuto dei comportamenti antisemiti durante la guerra (“Lacombe Lucien”, 1974, “Au revoir les enfants”, 1987); connivenze con il teatro dell’assurdo e Raymond Queneau (“Zazie dans le métro”, 1960); anarchismo provocatore (“Le Voleur”, 1967); dandismo, debole per le donne e per lo scandalo (“Les Amants”, 1958, “La Petite”, 1978). I numerosi successi di pubblico e di critica, da una parte e dall’altra dell’Atlantico, sono stati talvolta macchiati da scandali: il rapporto sessuale in “Les Amants”, l’incesto in “Le Souffle au cœur”. Sono basati più sulla forza delle idee o dei soggetti che sulla scenografia, che difficilmente va oltre la rappresentazione più o meno abile dello scenario, eccetto alcuni momenti nei quali può trasparire una certa sensibilità.
Jacques Kermabon
PROIEZIONE IN PARTNERSHIP CON L’INSTITUT AUDIOVISUEL DE MONACO